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Delocalizzazioni - Qualcuno @iuti Nessuno

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Delocalizzazioni

Pallottoliere

    E' il DISAVANZO PREVIDENZIALE, cui appartengono le PENSIONI D'ORO e d'argento, il MALE DEI MALI della crisi economica, della stagnante recessione, dell'elevato debito pubblico, dell'eccessivo carico fiscale e dell'insostenibile costo del lavoro, della delocalizzazione all'estero delle imprese, della disoccupazione e ...
    Si! E' propprio cosi! Come dimostrato col sottoriportato grafico e riassunto di precipua relazione postata in formato pdf, liberamente scaricabili.



Per compiutezza di trattazione e per fornire un ulteriore elemento di riscontro del'elevato grado di affidabilità del contenuto della relazione sulla delocalizzazione e sulle conclusioni raggiunte con la stessa si riportano, qui di seguito, i poco rassicuranti dati afferenti le previsioni di disavanzo previdenziale indicate nell'approvato Documento di Econmomia e Finanza relativo al'anno 2013:
ANNO              DISAVANZO
2013                  100 MLD
2014                  104 MLD
2015                  107 MLD
2016                  110 MLD
2017                  113 MLD
Quanto di detto disavanzo troverà copertura in tagli alla spesa pubblica o andrà ad accrescere il debito pubblico? E di quanto saranno aumentate le imposte, tasse e contributi per contenere l'emorragia?

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1cliccare qui per scaricare il diagramma di flusso e la sintesi della relazione in formato pdf 1

SINTESI:

Al generale fenomeno della produzione in Paesi diversi da quelli di origine è seguito quello della transnazionalizzazione, agevolata da leggi ad hoc degli anni 1990 e successive, verso Paesi con basso costo della manodopera dei due classici fattori dell’economia: materie e produzione.

Ma le vere ragioni della scelta del trasferimento dell’industria verso la mano d’opera anziché, come in passato, della migrazione della mano d’opera verso l’industria, non hanno radici in contingenti esigenze economiche o logistiche, ma solo ed esclusivamente d’ordine di politica fiscale e previdenziale, incentivate dalle agevolazioni finanziarie, creditizie e partecipative previste solo per le aziende che delocalizzavano.

Di fatti, non è il costo del dipendente qualificato a motivare le imprese a produrre altrove, bensì l’eccessivo costo del lavoro per effetto di imposte e contributi che rendono non concorrenziali i prodotti, insoddisfatti i lavoratori per i bassi salari, impotenti gli  imprenditori rispetto agli elevati ed insostenibili costi di produzione.

Non è più una economia ove i fattori che la caratterizzano e che l’alimentano costituiscono il fulcro delle strategie gestionali o concorrenziali in quanto gli stessi sono degradati ad elemento accessorio della reale economia, soppiantati dall’insopportabile costo del lavoro divenuto oggetto di sempre crescenti attenzioni da parte dell’industria della politica che produce solo imposte, tasse, contributi, sperperi di risorse pubbliche, a prescindere dalla tangibilità del prodotto e dalla sua competitività sul mercato.

LA TRATTAZIONE, COMPLETA DA STATISTICHE, CALCOLI, CONSEGUENZE ECONOMICHE, PROPOSTE E NORME AGEVOLATIVE DELLA DELOCALIZZAZIONE, E' LIBERAMENTE PRELEVABILE IN FORMATO PDF

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E' IL DEFICIT PREVIDENZIALE IL MALE DEI MALI


1cliccare qui per scaricare la tabella in formato pdf1
Il dato del debito pubblico al 1979 è stato desunto per differenza fra quello ufficiale al 31/12/2012 e la somma dei deficit annuali dal 1980 al 2011, come da fonti istat.

Succinta analisi e considerazioni sul perchè

"Finalmente il cane è riuscito a mordersi la coda"

§ dal 1997 in poi i conti pubblici avrebbero registrato un avanzo anziché un indebitamento netto, se non fossero stati "inquinati" dal forte disavanzo previdenziale, cui appartengono le pensioni d'oro e d'argento;

§ nel 2002 c'è stata la confluenza nell'INPS di molteplici gestioni speciali o private (volo, dazieri, spettacolo, giornalisti, dirigenti aziende industriali, ecc..., ecc...);

§ il disavanzo previdenziale ha cominciato a galoppare dal 1992, anno della prima riforma delle pensioni; ha rincarato la corsa nel 1994, quando sono state approvate le famigerate norme di decuplicazione delle pensioni (fino a 90.000 euro/mese); ha raddoppiato il disavanzo negli anni 1996 e 1997, anni dei molteplici decreti legislativi di armonizzazione emanati in attuazione della delega legge 335/95 e seconda riforma delle pensioni; ha migliorato la negativa performance nel 1999, in concomitanza all' "esame" per l'ingresso nell'euro e della confluenza dei dipendenti delle aziende elettriche pubbliche e private all'INPS; s'è attestato a record da "dichiarazione di fallimento" dagli anni 2009 in poi;

§ negli anni 2008 e 2009,  periodo transitorio ante irrigidimento dei requisiti di età e contributivi per avere diritto a trattamenti di quiescenza e del susseguirsi di norme correttive, c'è stata la grande fuga;

§ dal 2009 ad oggi si sta consumando l'ultima impennata del deficit previdenziale cagionato dal forte incremento del disavanzo dei giusti ammortizzatori sociali (2010: entrate per ammort. sociali 8MLD; uscite 18MLD; disavanzo 10MLD) erogati per tamponare l'emorragia di disoccupazione causata dalla crisi e della recessione, conseguenti alla delocalizzazione, come sopra graficamente rappresentata, favorita peraltro da leggi incentivanti l'esodo aziendale all'estero ed indotta da deprimenti scelte di politica economica e fiscale;  

§ non è dato in questa sede, alla luce dei dati ufficiali o ufficializzati, annettere dirette negatività di bilancio, prescindendo da ogni disparata considerazione e valutazione di merito, alle vessate riforme degli ultimi anni in quanto, a parere di chi scrive, gli effetti delle medesime andrebbero analizzati su base dati isolati dal contesto generale cui raffrontarli ed in condizioni economiche ed occupazionali omogenee, onde evitare che il severo tentativo di cura, seppur anche dagli scriventi non condiviso sia per parzialità e "dannosità" che per l'inefficacia, possa essere assunto quale causa del male, sol perché l'ha stabilizzato anziché estirparlo;


§ quanto appena detto, comunque, non esclude greve concasualità, degli ultimi inasprimenti del costo del lavoro, nella delocalizzazione della produzione all'estero e nella chiusura della aziende italiane;

§ l'importo degli interessi relativi al solo disavanzo previdenziale (colonna 7 prospetto), quale componente predominante del debito pubblico, ha sempre assunto un maggior peso rispetto al totale degli interessi pagati sul debito pubblico, passando dall'incidenza del 2,36% del 1980 (181.995.000 su 7.694.000.000) all'incidenza del  77,22% del 2012 (66.500.462.000 su 86.119.000.000);

§ gli interessi passivi pagati annualmente sul debito pubblico sono una conseguenza del male e non l'originaria causa. Se stipulo un mutuo è ovvio che pago degli interessi (più o meno alti), ma gli stessi - quand'anche usurai - sono sempre consequenziali rispetto alla causa e autoreferenziali solo nell'anatocismo che comunque, discende anch'esso dalla causa originaria. Ecco perché gli elevati interessi pagati sul debito pubblico, pur costituendo una maggioritaria piaga per la finanza pubblica, sono da catalogare fra le conseguenze di altre scelte di errata politica economica e non l'origine che risiede inconfutabilmente nel disavanzo previdenziale e nella spesa pubblica. Se non stipulo il mutuo e non contraggo debito non pago gli interessi: elementare;

§ la riduzione del costo del lavoro per mantenere la produzione in Italia avrebbe comportato, oltre alla neutralizzazione del calo di gettito previdenziale per effetto della compensazione tra minori aliquote ed incremento della base imponibile, sicure minori spese per gli ammortizzatori sociali, maggiori risorse economiche e pertanto incremento dei redditi globali destinati ai consumi e alla produzione, facendo crescere la domanda sul mercato dei beni e servizi per effetto della propensione al consumo, senza trascurare le conseguenze sul maggior gettito delle imposte dirette sui redditi della produzione e dell'indotto, come esposto nel documento in formato pdf, liberamente prelevabile;


§ oggi il disavanzo previdenziale, inclusi i pertinenti interessi passivi, costituisce BEN l' 80,03% dell'intero debito pubblico.

Ecco perchè le nostre aziende, dopo aver perso la competitività rispetto ai mercati esteri, hanno perso anche la competitività interna.

Non solo si è agevolata la crescita del PIL e delle ricchezze estere  ma si è anche favorita la perdita di moneta, il prosciugamento dei risparmi e l'indebitamento per la quotidiana sopravvivenza.

Con quali strumenti oggi misuriamo e "barattiamo" le nostre risorse?

Può il valore della nostra produzione essere misurato, nei rapporti interni, con un metro graduato su alterate e disomogenee misure estere?

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